Lo sciopero alla Ssanggyong Coreana di fronte a un muro
Loren Goldner
17 luglio
(L’ articolo che segue riporta "i fatti nudi e crudi", basati sulle comunicazioni da
parte degli operai e da altri attivisti coinvolti nella lotta).
Lo sciopero alla Ssangyong Motors in Pyeongtaek, Sud Corea (vicino a Seoul), prosegue nella
sua ottava settimana, e la situazione degli scioperanti è sempre più terribile.
Per riepilogare brevemente la situazione generale (che fa seguito al mio precedente report del 19
giugno): La Ssangyong Motors è al 51% di proprietà della China´s Shanghai Automotive Industry
Corporation. In febbraio l’azienda ha chiuso per fallimento, proponendo una ristrutturazione ed offrendo
lo stabilimento di Pyeongtaek come garanzia per ulteriori prestiti nell’intento di risollevarsi
dal fallimento. Il tribunale ha approvato il piano fallimentare, in attesa di licenziamenti sufficienti a
rendere l’azienda ancora in grado di far profitti.
Dopo le agitazioni dei lavoratori in primavera in previsione dei licenziamenti, l’attuale sciopero
cominciò il 27 maggio quando l’azienda annunciò i licenziamenti e l’espulsione coatta di 1700 dei
7000 operai, con licenziamenti supplementari immediati di 300 occasionali. Gli operai colpiti da licenziamento
hanno immediatamente occupato lo stabilimento, chiedendo il ritiro dei licenziamenti,
niente precarietà e niente delocalizzazione.
Il KMWU (Sindacato dei Lavoratori Metallurgici Coreani) ha sostenuto l’occupazione ma ha provato
a incanalare rigorosamente le proteste intorno alla questione dei licenziamenti.
A partire da metà giugno, circa 1000 operai stavano continuando l’occupazione, mentre le mogli e i
familiari fornivano loro il cibo. Il governo e l’azienda hanno aspettato il loro tempo, in parte a causa di
una crisi politica generale del governo di estrema destra di Lee che ha evitato ogni immediato massiccio
attacco della polizia e dei teppisti, ma, due settimane dopo, hanno ritenuto sicuro passare all’offensiva.
Gli operai, da parte loro, si erano muniti di piedi di porco di ferro e di bottiglie Molotov.
Il 26 e il 27 giugno è cominciato un serio attacco del governo e del datore di lavoro, con
l’impiego di teppisti, crumiri reclutati tra gli operai non messi in lista per il licenziamento, e la polizia
antisommossa ha tentato di entrare nella fabbrica. Costoro si sono assicurati l’edificio principale
dopo un violento combattimento in cui molte persone sono rimaste ferite. Gli operai occupanti si
sono ritirati nel settore della vernice, che faceva parte di un piano difensivo basato sulla convinzione
che la polizia non avrebbe sparato i candelotti del gas lacrimogeno in quella zona facilmente infiammabile.
(In gennaio, cinque persone a Seoul sono morte in altro incendio provocato durante uno
scontro con la polizia, scatenando settimane d’indignazione).
Il giorno seguente, l’azienda ha pubblicato una dichiarazione che sosteneva che c’era stata abbastanza
violenza, ma in realtà, nel timore della tenace resistenza operaia, sia la polizia che i teppisti
sono stati ritirati. L’azienda ha invitato il governo a intervenire direttamente nelle proteste. Ciò nonostante
alla fine di giugno tutta l’acqua nell’impianto è stata tagliata.
A seguito di un mandato del tribunale, le forze di repressione attaccarono ancora l’11 luglio mentre
la polizia anti sommossa avanzò per occupare la zona della fabbrica con l’eccezione del settore
della vernice e circondò l’intera fabbrica.
Dal ventiseiesimo-ventisettesimo assalto, l’attacco ha puntato a isolare la lotta di Ssangyong e astroncare lo sciopero, le azioni di solidarietà fuori dell’impianto erano rivolte a sviluppare il più vasto
supporto. Esse comprendevano una campagna di strada, principalmente da parte delle organizzazioni
delle famiglie nel centro di Seoul e delle zone di Pyeongtaek, uno sciopero generale di quattro
ore da parte del KMWU durante il quale gli operai metallurgici dagli impianti vicini si sono radunati
davanti al cancello della fabbrica di Ssangyong; il 4 luglio e l’11 luglio il KCTU (Confederazione
Coreana dei Sindacati) ha tenuto le assemblee nazionali dei lavoratori a sostegno della lotta di
Ssangyong. Queste azioni tuttavia sono state male organizzate e la direzione del KMWU ha esitato
nella dichiarazione dello sciopero generale in risposta agli attacchi all’impianto.
Gli attivisti pensano che le direzioni del KCTU e del KMWU siano più preoccupate per le elezioni
imminenti del sindacato. (l’11 luglio, 927 attivisti inoltre hanno tenuto uno sciopero della fame
di un giorno nel centro di Seoul). (Dalla mia esperienza in Corea nel corso dei quattro anni scorsi,
queste sono azioni in gran parte rituali che influenzano raramente il risultato di una lotta).
Per concludere, il 16 luglio, 3.000 membri del KMWU si sono riuniti per sostenere lo sciopero di
Ssangyong davanti al municipio della città di Pyeongtaek. Quando, dopo l’assemblea, hanno provato
a muoversi verso la fabbrica, questa era bloccata dalla polizia e 82 operai erano stati arrestati sul
posto.
Tutto considerato, le probabilità per una generalizzazione seria della lotta ad altre fabbriche
sembrano lontane. Gli attivisti sulla scena ritengono che anche se il KMWU avesse dichiarato uno
sciopero generale, solo alcuni distretti lo avrebbero seguito. Gli operai dell’auto della Hyundai sono
essi stessi in mezzo a trattative salariali. I vicini stabilimenti fornitori sono già passati attraverso la
ristrutturazione e difficilmente sono disponibili alla mobilitazione.
(Traduzione a cura di PonSinMor)
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