Vi proponiamo l’articolo di Marco Philopat
Ciò che succede oggi in Italia e in particolare a Milano ci pone di fronte a difficili scelte, ma non solo, ci sbatte letteralmente al di fuori dei binari su cui precedentemente correva la nostra vita. Sono nella sede dell’Unione Sindacale Italiana, un grande salone con ampie vetrate, pavimento in legno, due stufe a gas accese, belle sedie accatastate. Danio Manfredini, il noto attore e drammaturgo teatrale, sta provando il suo nuovo spettacolo. Ci abbracciamo e mi dice. “Che città di merda… Ma come fanno a non capire che questi posti sono dei doni preziosi? Ogni mio lavoro è stato concepito in questo salone, dove avrei potuto farlo? Solo qui c’è tempo illimitato e il clima giusto. Non sanno nemmeno quanti artisti sono cresciuti qui.” “Programmatori, grafici, elettricisti, infermieri…” gli rispondo io. Ci stiamo riferendo agli sgomberi o le minacce contro i centri sociali, lo stesso imminente pericolo che incombe su questo luogo. Sono giorni cruciali per la difesa della sede dell’USI, che dista meno di un chilometro da Conchetta, in viale Bligny 22, sempre nel quartiere Ticinese. La vicenda di questo stabile è il simbolo della brutale accelerazione dei progetti speculativi che coinvolgono l’intera città in vista dell’Expo 2015.
Costituita da lavoratori fuoriusciti dalla CGL e sostenitori dell’azione diretta, l’USI nacque nel 1912, l’anno seguente contava già 150.000 iscritti. Nel ’22, dopo essere stata protagonista di grandi lotte, fu messa fuorilegge da Mussolini e i suoi militanti arrestati o costretti all’esilio, molti si unirono ai loro compagni spagnoli della CNT. Tre anni più tardi vennero confiscate le sedi sindacali di tutte le sigle. Nel dopoguerra le proprietà immobiliari dell’USI furono le uniche a non essere restituite, nemmeno la palazzina della camera del lavoro di Milano. Il vicesegretario dell’USI è Pino Petita, 55 anni e mille battaglie sulle spalle, parte proprio questa considerazione storica per spiegarci la vicenda del luogo. “Occupammo qui nel 1989 e la prima mossa fu quella di richiedere al comune di concederci lo spazio come risarcimento all’ingiustizia subita, ci dissero che non era possibile ma di fatto ci tollerarono. Siamo entrati qui dopo vent’anni di pellegrinaggio per il Ticinese, dapprima alcuni militanti frequentavano il Ponte della Ghisolfa in via Scaldasole in cui, soprattutto Pino Pinelli, s’era attivato per ricostituire il nostro sindacato tra i ferrovieri. Nella metà degli anni Settanta l’USI era un’organizzazione con molti iscritti e in quartiere ci fu l’esigenza di trovare un luogo per le nostre riunioni. Nel 1976, insieme a studenti e altri lavoratori occupammo uno spazio al numero 18 di via Conchetta, dove attualmente è situata la libreria Calusca. L’USI in seguito passò in via Torricelli per poi approdare qui al terzo piano di viale Bligny 22. Uno stabile di proprietà demaniale, edificato ai primi del Novecento, molto conosciuto nel panorama cittadino. Oltre a diversi nuclei abitativi, avevano qui sede moltissime organizzazioni di base e di partito. La Lega antivivisezione, gli esperantisti, il Naga, il centro di assistenza sanitaria per migranti, poi le associazioni “Il Dedalo” e “Milano Pulita”. Al piano terreno c’era la Stella Alpina, antica bocciofila e dopolavoro, la sede dei tifosi milanisti della Fossa dei Leoni, il PSDI e persino i boy scout. Il partito socialista era invece al secondo piano, ma durante tangentopoli abbandonò i locali che perciò furono presi da un centro sociale, lo Squott, il laboratorio della musica techno-Rave e della Body Art, poi distrutto da un incendio cinque anni fa. Nei primi anni novanta noi dell’USI fummo promotori di un ricorso collettivo al TAR per impedire la svendita dell’edificio all’adiacente università Bocconi e alle sue mire espansioniste che progettavano già allora di comprarsi l’intero isolato. Il ricorso si dilungò nel tempo anche a causa di una sorda amministrazione comunale che si spostava via via sempre più a destra schiacciata sui poteri forti della città. Prima del 2004 la Bocconi ce l’aveva quasi fatta ad acquisire tutto il suo prezioso quadrilatero urbano, i lavori per la costruzione del nuovo polo universitario sarebbero presto partiti, la colata di cemento poteva dilagare. Tuttavia c’era ancora un piccolo problema irrisolto, Viale Bligny 22, l’unico angolo dell’isolato rimasto fuori dalla svendita. Improvvisamente, proprio in quell’anno, venimmo a sapere che in una trattativa segreta il comune aveva venduto alla Bocconi tutto il nostro palazzo per una cifra irrisoria, considerato il fatto che era pieno di associazioni, affittuari e occupanti.” Pino mi porta fuori per farmi vedere le nuove costruzioni universitarie. Torri, palazzi, un auditorium di mille posti, fameliche architetture bianche e rosso mattone che sembrano pronte a mangiarsi pure il vecchio ballatoio su cui poggiamo i piedi. Un osservatorio paradigmatico di cosa sta succedendo a Milano in questi anni. “Con la Bocconi si avviò una trattativa con l’intermediazione del comune, le pressioni era tali per cui, piano piano, tutte le associazioni se ne sono andate, ora siamo rimasti noi, cinque nuclei abitativi di ex affittuari e tre di occupanti. Inaspettatamente era il padronato il più disposto a trovare una soluzione per l’USI, infatti ci fecero vedere una sede, un po’ in periferia, ma degna, l’avremmo accettata se non fosse arrivata la valanga dell’Expo. La trattativa è saltata di colpo e sono arrivate le denunce per due occupanti, di cui uno sono io. Una ritorsione personale per risolvere il problema. La prima udienza è fissata per martedì 17 febbraio.” Siamo nella stanza dove si svolgevano le provvisorie riunioni del collettivo di Cox 18 prima di venerdì 14 febbraio, data del rientro, nel salone fianco invece, dove Danio continua le prove, ci sono state le riunioni cittadine di questi ultimi infuocati giorni. “Oltre agli sportelli e a tutte le altre attività sindacali e le iniziative di solidarietà con le popolazioni indigene del Chiapas, nel salone hanno da sempre provato molte compagnie teatrali, Manfredini, ma anche Anima Nera, le Dionise, Gigi Gherzi e chissà quanti altri teatranti. Quando hanno bisogno gli diamo le chiavi e possono stare dentro finché ne hanno voglia. Inoltre abbiamo ospitato le iniziative delle associazioni, dai convegni sull’inquinamento alle feste dei boy scout, ci sono stati dei momenti che si dovevano fare prenotazioni e turni. Un posto pubblico vivace e prezioso come sono la gran parte degli spazi autogestiti, cosa che non si può dire per tutto il resto della città dove vige la logica del profitto. Questi sono anche luoghi che hanno funzionato, negli ultimi 15 anni, da camere del lavoro e di apprendistato per svariate professioni e poi sono laboratori di ricerca per la prevenzione dei costosi danni causati dall’ingiustizia sociale, qui si sperimentano forme di lotta per portare i conflitti su posizioni meno disperate e più incisive, non dimentichiamocelo mai. Qui per esempio c’era il Naga, pieno di medici a disposizione completamente gratuita per centinaia e centinaia di migranti clandestini, come nell’ambulatorio di Via dei Transiti, peraltro sotto la minaccia di sgombero pure quello. Insomma per la difesa di Conchetta, dei libri di Primo che sono la nostra memoria storica, dell’USI e tutti gli altri spazi liberati della città, abbiamo deciso di convocare una manifestazione nazionale per il 28 febbraio, ci auguriamo che siano tanti coloro che marceranno al nostro fianco.” Per oggi, martedì 17 febbraio è prevista la quarta udienza davanti al giudice di pace per il processo di occupazione abusiva dello stabile di viale Bligny 22. Il presidio è fissato per le ore 12 ai giardini della Guastalla di via Francesco Sforza.
Saluto Pino e scendo le scale, poi passo di fianco al palazzone di vetrocemento della nuova Bocconi, davanti all’entrata incontro un amico scenografo, mestiere che ha affinato nel giro dei centri sociali milanesi… “Evviva, ci siamo ripresi Conchetta!”, mi dice. “Che ci fai qua?” gli chiedo. “Una convenction per il lancio di un’automobile, lì dentro, nell’auditorium dela Bocconi appena inaugurato…” “Vabbè… Non è che avresti voglia di progettare un manifesto per il corteo di carnevale? Una volta ne facevi di bellissimi…” “Tu mi chiedi sempre di fare, di fare, che palle… Dai, ci vediamo stasera a ballare giù in Cox!”
Magari il manifesto non lo farà mai, ma certamente sarà in piazza quel giorno, incordonato nelle file dei suoi amici.
Alla manifestazione del sabato grasso ambrosiamo vorremmo che oltre i centri sociali di mezza Europa, scendessero in piazza tutti quelli che li hanno frequentati e si sono resi conto della loro importanza, vorremmo vedere una moltitudine di maschere nere, il colore del lutto, un funerale annunciato di una città che sta morendo sopraffatta dalle sue barbarie.