Le "parti sociali"; i sindacati confederali tranne la CGIL (per ora) e Confindustria con il governo hanno siglato il nuovo modello contrattuale per "adeguare" le forme della contrattazione ai nuovi tempi.Vediamo, per sommi capi, qual è la riforma che si sta progettando, almeno nelle intenzioni di CISL-UIL-UGL
1) Innanzitutto si legano strettamente questione salariale e crescita del profitto d’impresa. Se non c’è la seconda, la prima non può essere affrontata. Siamo ben al di là della logica della compatibilità tra le richieste salariali e la "salute" delle imprese: siamo alla completa subordinazione delle prime alla seconda.
2) Apparentemente si definisce una centralità della contrattazione nazionale, in pratica "apre" alle "specificità" non solo settoriali e/o aziendali, ma anche a quelle territoriali, sia dal punto di vista salariale, che da quello normativo. In altre parole si apre un varco, neanche tanto piccolo, a "gabbie" salariali e soprattutto normative.
3) Per quanto riguarda specificamente il contratto nazionale, si introduce come riferimento “inflazione realisticamente prevedibile”. In che cosa questa si differenzi dalla vecchia inflazione "programmata" è un bel mistero, anche perché non sono definiti i parametri ufficiali di riferimento (l’ISTAT? la Sibilla cumana? le intuizioni di Tremonti?). Ma il punto fondamentale è che questa misteriosa inflazione (che sarà sicuramente inferiore a quella reale), concordata tra le parti sociali, sarà il tetto delle richieste salariali.
4) Veniamo alle "grandi" conquiste: Apparentemente si ritorna alla situazione del 1975: un unico rinnovo contrattuale triennale superando la divisione tra rinnovo normativo e rinnovo economico. Di fatto la musica è completamente diversa: allora esisteva un meccanismo automatico di difesa rispetto all’aumento del costo della vita (la scala mobile) e i rinnovi economici potevano segnare un effettivo miglioramento della condizioni di vita dei lavoratori; oggi si contratta un parziale adeguamento alla perdita del potere d’acquisto dei salari e non è detto che lo si ottenga. Per di più la triennalizzazione del rinnovo allunga di un anno (come minimo) il blocco dei salari e, in clima prevedibile di inflazione crescente si capisce cosa ciò voglia dire.
5) E in caso di ritardato o mancato rinnovo? Si supererà il sistema delle Indennità di Vacanza Contrattuale, giudicato debole per dare certezza ai tempi del rinnovo. E che cosa in cambio, nel caso di inadempienza delle controparti imprenditoriali? Si "va a considerare" e si "può pensare" di metterci una pezza! Siamo dunque all’interno di possibilità e non di certezze. Persino l’ovvia considerazione che scaduto un contratto ne deve subentrare immediatamente un altro (con tutti gli effetti economici retroattivi in caso di ritardo) diventa una possibilità.
6) Sulla contrattazione di secondo livello, da un lato si impone un vincolo sull’aumento salariale fissato del CCNL, dall’altro si mettono dei paletti di contenimento che si riassumono nella subordinazione agli utili d’impresa, al suo profitto. Ma questo non è tutto, infatti se da un lato la contrattazione di secondo livello è blindata dalle clausole che abbiamo visto, dall’altro è molto aperta rispetto ad esigenze specifiche e a particolarismi. Vediamo: non solo il salario variabile (premi di produttività, straordinari, incentivazioni varie) sarà trattato in maniera differenziata, ma anche la gestione della flessibilità (sugli orari, sulle assunzioni, sui licenziamenti, sull’uso del lavoro precario, ecc.).
7) C’è dunque da attendersi un rifiorire della vecchie gabbie salariali e, quello che forse è più grave, di gabbie normative tracciate sia a livello aziendale che territoriale. Si creeranno zone dove una certa redistribuzione degli utili sarà possibile e saranno quelle dove convergeranno peso rivendicativo dei lavoratori e superprofitti da parte delle aziende, altre dove la difesa salariale sarà mediocre e altre ancora dove sarà nulla.
8) La parte fissa del salario è ormai pressoché priva di tutele, la parte variabile sottoposta al ricatto della produttività, del ritmo di lavoro e dell’allungamento, di fatto, delle giornata lavorativa. Allungamento che sarà favorito dalla recente detassazione degli straordinari, che invoglierà i lavoratori ad effettuarne il più possibile (anche le limitazioni d’oggi sul massimo monte ore straordinarie, potrebbero cadere in fase di contrattazione decentrata), non foss’altro per difendere un potere d’acquisto dei salari continuamente eroso. Insomma, il cerchio si chiude e il lavoratori sono sempre più ingabbiati.
9) La finzione della concertazione tra le parti sociali è caduta. Non si finge nemmeno più di "concertare", nel senso di mediare tra interessi divergenti, un disegno generale che, pur avendo come priorità il sistema-impresa, tuteli minimamente le ragioni dei lavoratori. Si è passati ad un assetto corporativo dove la componente sindacale confederale recepisce semplicemente dei diktat e ne predispone l’attuazione.
10) I sindacati confederali sono ormai apparati dello Stato, così come lo sono le amministrazioni, gli esecutivi, le forze armate, ecc., interessati solo a conservare il proprio status. Ma attenzione, non si tratta solo di uno status "posizionale" che garantisce "onori e prebende" allo staff dirigenziale (carriere politiche, cariche nell’alta amministrazione dello Stato e nei consigli d’amministrazione di aziende pubbliche) e via via a scendere nella gerarchia d’apparato, stipendi e distacchi a funzionari e sindacalisti di professione. Se così fosse sarebbe squallido, ma un "sindacalismo" non diverso da quello americano dove i boss delle Unions (alla Jimmy Hoffa per intenderci) si fanno gli sporchi affaracci loro ma, di riflesso, anche gli interessi dei lavoratori iscritti. C’è qualcosa di più e di più peggio. Siamo di fronte ad un complesso imprenditoriale ramificato, con interessi economici ben precisi e variegati, che spaziano dalla finanza, alle assicurazioni, alle proprietà immobiliari, al tessuto cooperativistico, alla previdenza privata e con funzioni di complementarietà rispetto all’apparato statale. I lavoratori sono mucche da mungere e nulla più; riusciranno, prima o poi, a riconoscere i loro peggiori nemici?
L’unica difesa possibile è riprendere la lotta sulla difesa e la riqualificazione del salario fisso, contro ogni tentativo di farci lavorare sempre di più per guadagnare sempre di meno.